Elmar Salmann, Passi e passaggi nel cristianesimo. Piccola mistagogia verso il mondo della fede, Cittadella Editrice, Assisi 2009, € 19,50.

Il titolo è accattivante ed adeguato al contenuto, una raccolta di saggi che vuole rendere conto di un pensiero e di una esperienza contemporaneamente, il pensiero di uno studioso del fatto cristiano e di una esperienza, quella di monaco, che è particolare nella forma, ma universale nel farsi parola e che, attingendo alle tradizioni, cerca di comprendere l’oggi nel suo raffrontarsi alla venuta misteriosa e ospitante di Dio.

Mistagogia è una via di iniziazione, in questo caso al mondo della fede che nel mondo contemporaneo occidentale appare attraversato da molte opposizioni, prima fra tutte tra tradizionalisti e innovatori, ma che l’autore riesce a interpretare grazie alle molteplici fonti cui attinge: la Scrittura, la teologia, la letteratura antica e moderna, la filosofia, l’antropologia e altre che traspaiono da piccoli ma significativi segni.

Quello che mi ha affascinato e interrogato leggendo queste pagine è la capacità dell’autore di prendere distanza dalle questioni e di illuminarle inserendole in una prospettiva più ampia, sia storica e culturale, che misterica, cioè confrontandole con il mistero di Dio che si rivela a e che ospita l’umano che ha creato.

E’ una lettura che dilata il cuore (come dice san Benedetto citando implicitamente il Sal 119,32 «Corro sulla via dei tuoi comandi, perché hai dilatato il mio cuore», alla fine del prologo della sua regola: «Mentre invece, man mano che si avanza nella vita monastica e nella fede, si corre per la via dei precetti divini col cuore dilatato dall'indicibile sovranità dell'amore» Pr 49) e che mostra un particolare discernimento della fede e della cultura attuale, moderna e post-moderna.

E’ questa capacità di ospitare i vari punti di vista e posizioni intellettuali, sia teologiche che filosofiche, unendole ad una prassi che diventa una liturgia di lode che nasce dal corpo e che si fa corpo, che aiuta il lettore, me in primo luogo, a estraniarsi dalle proprie convinzioni, saperi e azioni per riplasmarle nell’ospitalità del Dio vivente.

Una particolare nota a riguardo di una constatazione sulla presenza degli ebrei nella cultura odierna: «Da duemila anni ritenuti dal cristianesimo superati, sono proprio i pensatori, gli scrittori, i compositori, i fisici, gli psicologi e i sociologi ebrei che determinano il (sub-) conscio del nostro secolo. Probabilmente proprio per ciò risulta così difficile all’uomo europeo di oggi decidersi per una prospettiva centrale della storia (Cristo), per una verità, per una forma di rappresentanza. Il pensiero (postmoderno) è infatti improntato all’ebraismo, cioè si comprende in quanto aperto, prospetticamente multipolare, pluri-dimensionale, democratico, analizzando ogni posizione in modo critico a partire dal suo contrario e dalla sue possibili conseguenze negative. In tutto ciò esso si definisce non più pensando a partire dall’unità, dall’assoluto e dalla verità, ma in vista della rottura del reale, della vulnerabilità e fragilità dell’esistenza, delle vittime dell’unità e della totalità. E’ come se in tale pensiero la logica della croce, la quale parte dagli sconfitti, dai deboli, da coloro che sono privi di forza, per la prima volta fosse entrata nel metodo del pensiero, e questo dopo duemila anni di discorso cristiano sulla croce» (pp. 73-74).