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Roberto Cartocci è professore ordinario di Scienza Politica all'Università di Bologna. Da vari anni la sua ricerca si occupa di quella che io chiamo coscienza civile degli italiani, avendo collaborato prima con Carlo Tullio Altan e poi, se così si può dire, in proprio, pubblicando un interessante libro "Mappe del tesoro. Atlante del capitale sociale in Italia" che aggiorna la famosa ricerca di Putnam del 1993: "La tradizione civica nelle regioni italiane".

Quest'ultima ricerca affronta la questione della secolarizzazione in Italia e della presenza della chiesa cattolica. Utilizzando quattro indicatori Cartocci arriva a sintetizzare un indice della secolarizzazione in Italia di cui vediamo la riproduzione  sintetica nella cartina all'inizio di questo articolo (dove l'indice è più alto c'è una maggiore secolarizzazione).

Una prima analisi riguarda la differenza tra coloro che non vanno mai a Messa (19,1%) e coloro che ci vanno almeno una volta alla settimana (32,5%).

Il primo indice è il tasso dei matrimoni civili su tutti i matrimoni celebrati.

Il  secondo indice è il tasso dei nati fuori dal matrimonio sul totale dei nati vivi.

Il terzo indice è quello degli studenti che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola.

Il quarto indice riguarda la destinazione dell'otto per mille a soggetiti diversi dalla chiesa cattolica.

Il terzo e quarto indice «permettono di rilevare la consistenza di quella fascia della popolazione che è indifferente o addirittura ostile alla chiesa». Da questi indicatori si nota che questa parte della popolazione è mediamente il 10% della popolazione.

I primi due indici «sono variabili di flusso che non permettono di stimare la quota dei cattolici sull'intera popolazione, ma hanno il vantaggio di offrire una rilevazione puntuale e aggiornata di decisioni salienti per le biografie individuali».

«L'elevata convergenza fra tutti e quattro gli indicatori significa che, per quanto rilevino differenti parametri dell'identità cattolica, il loro andamento sul teritorio è largamente sovrapponibile. [...] Al di là della complessità e dell'articolazione della geografia della religiosità cattolica in Italia, il primo elemento che emerge in maniera nitida è la divisione del paese in due grandi aree, con una geografia più differenziata e frastagliata nella metà centro-settentrionale del paese e una più uniforme nel sud e in Sicilia [...] Una sorta di area di transizione è costituita dalla fascia che da Viterbo arriva all'Adriatico nelle basse Marche, cui possiamo assimilare anche l'intera Sardegna».

Per l'autore alla domanda: L'Italia è ancora un paese cattolico? occorre rispondere di sì: il 60% delle coppie si sposa in chiesa, l'80% dei bambini nascono nel matrimonio, il 90% sceglie la chiesa come destinazione dell'8 per mille, il 91% degli scolari frequenta le lezioni di religione nelle scuole. Coloro che non mettono mai piede in chiesa sono meno del 20% degli italiani. E comunque, anche tra questi, una buona metà ha più fiducia nella chiesa che nello stato, quanto meno come istituzione educativa e di carità.

Ma gli stessi indicatori consentono anche di argomentare un no allo stesso interrogativo: solo il 30% partecipa regolarmente alla celebrazione eucaristica domenicale. Di questi buona parte sono bambini, ragazzi e anziani, più donne che uomini: tutte categorie socialmente ed economicamente periferiche. Dopo i 14 anni la partecipazione crolla e risale lentamente solo passati i 50 anni di età. [...] L'Italia è solo in apparenza un paese cattolico. Entrambe le risposte sono vere, con buoni motivi a favore dell'una e dell'altra. Ma optare per una delle due sarebbe superficiale». 

Cartocci è consapevole dei limiti di questa ricerca che ha indagato solo la risposta (la chiesa come comunità dei fedeli) e non la proposta (la chiesa come istituzione). Dunque, per Cartocci, non è il caso di argomentare risposte nette alla domanda. Tuttavia afferma con certezza che dagli anni 60' in poi l'Italia è stata percorsa da un robusto processo di secolarizzazione, cui si è affiancato però un processo di desecolarizzazione, se non altro in termini relativi. «La minoranza dei cattolici attivi nelle parrocchie e nei movimenti è probabilmente l'unica minoranza attiva che sia sopravvissuta nel paese, capace di coniugare insieme solidi riferimenti ideali, dedizione e capacità di organizzarsi in autonomia». A seguito di questa situazione, l'autore rileva poi un apparente paradosso: «per cui in tempi secolarizzati la chiesa cattolica aumenta la propria centralità nel contesto italiano, diventando un imprescindibile attore politico: debolezza della politica e forza della chiesa istituzione, se non della fede».

L'autore prosegue facendo notare come non si sia sostituito niente di significativo alla fede della tradizione: «difficile sostenere che si sia affermata un'adulta morale laica, innervata da un aumento della tolleranza, da un'apertura multiculturale che abbraccia tutte le fedi e culture. Certamente non si sono ridotti certi aspetti deteriori della cultura politica degli italiani: il particolarismo, la diffidenza verso le istituzioni, l'indisponibilità all'impegno pubblico, la scarsa sensibilità alla corruzione e ai conflitti di interesse  - tratti solidissimi di cui la "repubblica dei partiti" aveva, almeno in parte, arginato le dinamiche socialmente più corrosive, nel nome del perseguimento del bene comune».

L'ultima parte del libro si sofferma sulla questione meridionale e sul rapporto tra arretratezza della coscienza civile e una forte presenza di atteggiamenti religiosi. Cartocci, con rara sensibilità di fine ricercatore, non ha risposte deterministiche, tiene conto della storia passata, riconosce in don Puglisi e don Diana due testimoni significativi delle possibilità che la chiesa meridionale - che riceve una grande fiducia dalla gente - si possa impegnare non solo per l'annuncio dell'evangelo, ma anche per la costruzione di una maggiore coscienza civile.