Kahneman, D., Sibony, O., Sunstein, C. S., Rumore. Un difetto del ragionamento umano, UTET, Milano 2021, 24,00 euro.
Kahneman, con questo libro intitolato Rumore, corona i suoi lunghissimi anni di studio su come le persone giudicano: «Il rumore è la variabilità indesiderata dei giudizi, e la sua presenza è dilagante. In questo libro ci siamo prefissi di spiegarne il motivo e di trovare delle possibili soluzioni».
Kahneman, nato nel 1934, è uno psicologo israeliano, vincitore, insieme a Vernon Smith, del Premio Nobel per l’economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d'incertezza».
Olivier Sibony è professore di Strategia all'HEC Paris, autore e consulente specializzato nella qualità del pensiero strategico e nella progettazione dei processi decisionali.
Cass Robert Sunstein, nato nel 1954, è noto per i suoi studi di diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto ambientale e diritto ed economia comportamentale.
La collaborazione tra i tre autori ha prodotto un volume di 524 pagine, che va letto con calma perché i primi capitoli possono, come è capitato a me, far venire molta rabbia in quanto, descrivendo come il rumore (dispersione casuale) e il bias (deviazione sistematica) siano presenti in modo massiccio in vari ambiti del giudizio, anche e soprattutto in ambiti dove questo non dovrebbe accadere: diagnosi mediche, sentenze dei giudici, assunzione di dipendenti anche in posizioni strategiche, decisioni di investimenti economici, determinazione dei premi assicurativi, comparazione di impronte digitali, ecc.
«Per comprendere un errore di giudizio occorre capirne sia il bias sia il rumore. Qualche volta, come vedremo, il problema principale è il rumore, ma nei discorsi sull’errore umano e nelle organizzazioni di tutto il mondo
è raro che il rumore venga riconosciuto: è sempre il bias a occupare il centro della scena. Il rumore fa solo da comparsa o, spesso, resta addirittura fuori dalla scena. Il tema del bias è stato affrontato in migliaia di articoli scientifici e decine di testi divulgativi, ma sono in pochi a fare cenno al problema del rumore. In questo libro ci proponiamo di ristabilire un equilibrio».
Gli autori presentano numerosi studi che mostrano come persone diverse giudichino in modo diverso lo stesso oggetto, ma anche come le stesse persone, a distanza di poche settimane giudichino lo stesso oggetto in modo diverso dal loro primo giudizio. Gli autori sottolineano come le persone in genere, abbiano una stima eccessiva nelle proprie capacità di giudizio, quando invece, per esempio in alcune diagnosi mediche, degli algoritmi producono giudizi corretti in percentuali migliori anche dei migliori specialisti del campo.
Per fortuna, oltre a mostrare la fallacia del giudizio delle persone, gli autori propongono diverse modalità per ridurre sia il rumore che il bias nei giudizi, offrendo nelle tre appendici le metodologie che ritengono più opportune e che, per loro, hanno permesso di ridurre in modo significativo sia il rumore che il bias.
Il ponderoso volume si può leggere a tre livelli. Il primo sono i sintetici riassunti, poche frasi, alla fine di ogni capitolo che mettono in evidenza i punti trattati. Il secondo è la sintesi finale che gli stessi autori offrono al lettore dove ripercorrono i temi fondamentali, quasi capitolo per capitolo. Il terzo è leggere tutto il libro per approfondire la questione del rumore, che sembra trascurata e che invece è tanta parte dei giudizi umani.
Molto interessante, quindi la quinta parte “Migliorare i giudizi” sia quelli individuali ma, soprattutto quelli di gruppi di lavoro. Molto interessante il cap. 25, alla fine di questa parte, che offre il resoconto di come una azienda abbia preso una decisione strategica, cercando di basarla soprattutto su fatti misurabili e, solo alla fine, anche sull’intuizione-esperienza dei membri del consiglio d’amministrazione, riducendo così i normali rischi di una decisione presa – in genere – prima sulle intuizioni e poi, casomai, ripensata alla luce dei fatti.
Il libro sta diventando un bestseller mondiale e vale la pena di leggerlo perché offre orizzonti nuovi sulla mente umana e sul modo come prendiamo decisioni.
Vorrei segnalare come Kahneman abbia lavorato a stretto contatto, quasi in simbiosi, per molti anni con un altro psicologo israeliano, Amos Tversky, morto prima del conferimento del premio Nobel a Kahneman. La loro incredibile storia è raccontata in modo meraviglioso e intrigante da Michael Lewis in: “Un’amicizia da Nobel. Kahneman e Tversky, l’incontro che ha cambiato il nostro modo di pensare”, Raffaello Cortina Editore, Milano 2017.
Qui il cap. 25 e qui la sintesi finale.