Thomas Piketty, Capitale e ideologia. La nave di Teseo, Milano 2020, euro 25,00, 1184 pagine + Indice generale (11 pp).
Secondo me la proposta di Piketty è un tassello utile nel programma di riforme proposto da papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”, in cui auspica un cambiamento anche delle strutture giuridiche: «Vorrei insistere sul fatto che «dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si può considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignità e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali. La distribuzione di fatto del potere – politico, economico, militare, tecnologico e così via – tra una pluralità di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere. Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti, e – nello stesso tempo – ampi settori senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere» (Fratelli tutti, n. 171)
«In sintesi: il modello di socialismo partecipativo che si propone è fondato su due principi essenziali che mirano a superare l’attuale sistema della proprietà privata: da un lato, la proprietà sociale e la condivisione dei diritti di voto nelle imprese; dall’altro, la proprietà temporanea e la circolazione del capitale. Combinando i due principi, si istituirebbe un sistema di proprietà molto diverso dal capitalismo privato come lo conosciamo oggi, e che costituirebbe un vero e proprio superamento del capitalismo stesso.
Si tratta di proposte che potrebbero sembrare radicali, ma in realtà sono in linea con un’evoluzione iniziata alla fine del XIX secolo e all’inizio del XX, per quanto riguarda sia la condivisione del potere nelle imprese, sia l’aumento della tassazione progressiva. Questa dinamica evolutiva si è interrotta negli ultimi decenni, da un lato perché la socialdemocrazia non è stata in grado di rinnovare e internazionalizzare il suo progetto; dall’altro perché il drammatico fallimento del comunismo di stile sovietico ha inaugurato in tutto il mondo, a partire dagli anni ottanta e novanta del secolo scorso, una fase di deregolamentazione incontrollata e di rinuncia a ogni ambizione egualitaria (della quale la Russia attuale e i suoi oligarchi costituiscono senza dubbio il caso più estremo). L’abilità con cui i promotori della rivoluzione conservatrice e neoproprietarista degli anni ottanta e i sostenitori della linea nazionalista e anti-immigrazione sono riusciti a colmare questo vuoto politico-ideologico hanno fatto il resto.
Tuttavia, dopo la crisi del 2008 ha preso forma una nuova tendenza di pensiero, con una moltiplicazione dei dibattiti e delle proposte di nuove forme di condivisione del potere e di tassazione progressiva. L’ideologia neoproprietarista è ancora molto viva, così come la tentazione di ricadere nel nativismo, ma si percepiscono nettamente i segnali di un’evoluzione. Gli elementi qui descritti non fanno che inscriversi in questa nuova tendenza, tentando d’inquadrarla in una prospettiva storica più generale». (pp. 1117-1118)